Riflessione onesta sulla decadenza della originalità
- Flavio Bellucci
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 6 min
Sul nostro pianeta vivono circa 8 miliardi di persone, molte delle quali non hanno accesso a un'istruzione adeguata e, di conseguenza, possiedono meno opportunità rispetto ai più benestanti. Perché, allora, si dovrebbe credere nella meritocrazia, se le potenzialità di una persona possono essere enormi ma restare inespresse per mancanza di mezzi? Nei paesi democratici si richiede un sistema scolastico gratuito per offrire a tutti le stesse possibilità, ma anche queste, spesso, sono solo apparenti.
Un ragazzo umile difficilmente può permettersi l’università, e oggi la laurea è essenziale per ottenere un lavoro dignitoso. Le borse di studio, nella maggior parte dei casi, sono un’illusione creata dal sistema per far sembrare che si stia facendo qualcosa, mentre è evidente che il loro funzionamento è inefficace e talvolta premia addirittura chi non ne ha davvero bisogno.
Tutto questo porta a una domanda fondamentale: si può davvero pensare di aver creato qualcosa dal nulla, o di aver fatto qualcosa di unico, quando magari un ragazzino sfruttato in Cambogia, con le stesse opportunità, lo avrebbe fatto meglio?
L’originalità è diventata un fenomeno rarissimo. Oggi ci sono miliardi di persone che pensano, hanno idee, e l’enorme quantità di stimoli rende difficilissimo essere davvero unici. E anche quando qualcuno riesce a creare qualcosa di originale, la società lo spolpa fino al midollo, sfruttando l’idea fino a renderla sterile, banale, sconveniente. Ti ritrovi, ad esempio, con politici che fanno propaganda con prompt AI ispirati allo Studio Ghibli, o aziende che fanno pubblicità con gli "animal brainrot".
Nel frattempo, l’intelligenza artificiale sta diventando più brava di noi in molti ambiti. Sta iniziando a sostituirci anche a scuola, dove gli studenti la usano frequentemente per i compiti: è un metodo veloce, preciso ed efficiente. L’AI sbaglia difficilmente, a differenza di un essere umano, che può commettere errori soprattutto se stanco o distratto da altri pensieri.
Qui si forma una critica importante al sistema scolastico, che ci spinge a ottenere risultati impeccabili a qualsiasi costo, facendoci perdere fiducia nelle nostre capacità. Se per un compito personale prendi 6, mentre con ChatGPT ne ottieni 8, perché mai dovresti continuare a provarci con le tue forze? Così perdiamo la voglia di scrivere, di creare qualcosa di nostro.
La frase "Sbagliando si impara" è una delle più significative tra i detti popolari, ma viviamo in un mondo che corre troppo veloce: sbagliare oggi significa restare indietro, essere considerati inadeguati, venire calpestati da chi corre più veloce verso i pochi posti del futuro "non già assegnati dalle raccomandazioni".
Nella società attuale non si può sbagliare: nessuna corporation vuole rallentare, nessuna azienda vuole rischiare. Chi è fuori standard o non conforme viene tagliato fuori.
E tornando all’intelligenza artificiale, diventerà presto (e lo sta già diventando) più abile di noi nello scrivere libri, sceneggiature, contenuti. Quando arriveremo a quel punto – e non è lontano – cosa succederà? Le aziende preferiranno le macchine agli esseri umani: non chiedono stipendio, non hanno bisogno di cure mediche, non commettono errori legali, non si assentano dal lavoro, non chiedono la maternità, non devono avere pause. Non hanno tutti quei “difetti” che, in fondo, ci rendono umani. Le aziende lo sanno, ma non si curano delle milioni di persone che si troveranno senza lavoro. Chi si preoccupa davvero di questo guadagna meno, e quindi rischia di fallire.
Il mercato non è guidato da una “mano invisibile” che premia i più onesti: anzi, accade il contrario. Il capitalismo tende ad arricchire i più astuti, spietati, cinici. Perché i soldi non si creano dal nulla: per arricchirsi, spesso, bisogna "rubare" a qualcun altro.
Siamo tantissimi, e col tempo saremo ancora di più. Tra questi, molti – quelli non ancora lobotomizzati dal brain rot di TikTok – hanno idee, pensano. Ma solo pochi riescono a trovare qualcosa di valido e commerciabile. Di questi pochi, solo alcuni hanno i mezzi per realizzarlo. Di questi pochissimi, solo una parte riesce davvero a entrare nel mercato. E di quei pochi che ce la fanno, solo una minuscola percentuale viene notata dalle grandi aziende.
Tutto questo... per essere magari uno dei tanti sceneggiatori di una sola puntata della fase 4 di una serie scadente dell’MCU, con il rischio che l’AI ti sostituisca il giorno dopo.
Neanche i social sono immuni da questa logica. Gli algoritmi premiano comportamenti aziendali, non originalità. Un tempo, su YouTube, anche chi si costruiva un personaggio riusciva a trasmettere qualcosa, lo vedevi che erano ragazzini che superavano le proprie timidezze, non erano personaggi dello spettacolo. Ti affezionavi, li cercavi. Oggi, con TikTok, Instagram Reels e simili, sono loro a comparirti davanti. Hanno pochissimi secondi per attirare la tua bassissima soglia di attenzione e ottenere un guadagno misero.
Anche in questo caso, sono pochissimi quelli che ce la fanno. Percentuali minuscole. E spesso servono già i mezzi giusti: blue yeti, editing, luci, tempo, conoscenze. Anche quando ci sono, però, la gente oggi raramente ha l’ “attention span” per guardarsi, ad esempio, un intero walkthrough.
Questo testo non vuole offrire una soluzione, perché tanto, anche se l’avessimo, ci sarebbe qualcuno che l’ha già chiesta a ChatGPT, e lui avrebbe trovato una soluzione migliore.
Il vero problema è che viviamo in un sistema economico che si evolve senza empatia verso i diritti dei lavoratori. La lotta di classe è sempre stata vista come qualcosa di distante, ideologicamente estremista, da "centro sociale e capelli blu vibes". Ma dovremmo capire tutti che la lotta non è mai stata tra destra e sinistra, ma tra ricchi e poveri.
Oggi destra e sinistra sono due distrazioni. Parlano di temi che, per quanto importanti, sono usati solo per dividerci. Il conservatore parla del 90% del tempo del fatto che uno non possa identificarsi sessualmente come vuole, invece di preoccuparsi del futuro del lavoro. Il politico di sinistra, che storicamente dovrebbe stare dalla parte del popolo, preferisce dare del fascista all’altro invece di affrontare l’estrema disoccupazione e la crisi umanitaria in corso, accelerata dalla singolarità tecnologica. L’esistenza tra lotta del woke contro l’antiwoke è nella top 3 cose più underwhelming del millennio dopo solo l’ottava stagione di Game of Thrones e Italia 0-0 Svezia del 2018. Quel momento su Instagram in cui ti ritrovi il reel del conservatore Charles Kirk in cui confonde un feto di un delfino con uno umano è proprio un indizio che bisognerebbe lanciare il telefono dalla finestra e diventare un monaco tibetano isolato dal mondo.
La vera lotta è tra i pochi ricchi che possiedono tutto e i tanti poveri che si combattono tra loro per le briciole. Come se un imprenditore possedesse il monopolio della farina del mondo e lasciasse cadere qualche pezzo di pane tra la folla, osservando la rissa compiaciuto, tifando per quello meno radicale, come in un ippodromo.
Possiamo cambiare il sistema economico? No. Perché c’è una distrazione enorme che non lo permette. Qual è la soluzione meno radicale, allora? Non c’è. E il fatto che non esista è spaventoso. Il fatto che il mondo non tuteli le generazioni future è disgustoso. Il fatto che molti giovani non lo sappiano è deprimente.
Chi lo sa può illudersi di poter battere il sistema e arricchirsi, ma quasi sempre fallisce. Perché non importa quanto sei bravo: se il tuo settore crolla, tu crolli con lui. Lo abbiamo visto in opere come Squid Game, Parasite, Hunger Games.
Chi è più consapevole, invece, spesso si deprime. Ed è comprensibile: il tasso di depressione tra i giovani non è mai stato così alto.
Non si può fare molto, se non sensibilizzare o scendere in piazza a chiedere condizioni migliori. Ma siamo una maggioranza poco rumorosa, purtroppo. L’altra, quella che ama parlare e non stare mai zitta, fa molto più rumore, basta vedere i commenti dei reel di Instagram che probabilmente potrebbero fare rivalutare la pena di morte per crimini di odio pure a Cesare Beccaria.
Concludo con una riflessione sulla sensibilità delle persone: è come se fosse svanita. Basta guardare un post clickbait su Instagram sull’ennesima tensione nucleare e vedere che i commenti sono in gran parte sarcastici e ironici. Gente che “spera” davvero in una guerra nucleare. Sarcasmo, ovviamente, ma ciò che preoccupa è l’assenza quasi totale di commenti seri, di preoccupazione reale. Come se la psicologia collettiva fosse cambiata.
Nel 2012, con la profezia Maya, molti si costruirono bunker per paura. Oggi, se uscisse una nuova profezia sulla fine del mondo, probabilmente la si scrollerebbe via con una smorfia per essere poi dimenticata dalla nuova versione del ‘’Bombardino Crocodilo’’ di turno.
A tutti i ragazzi e le ragazze che stanno soffrendo per qualsiasi motivo: che si rivolgessero a uno specialista. Anche se può sembrare una cosa da poco, non lo è. La situazione è seria. E a volte, prevenire è molto meglio che curare.
Flavio Bellucci 2B
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