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Immagine del redattoreGiornalino Peano

Le tasse mancanti di Amazon

Amazon è un'azienda di commercio elettronico e la più grande Internet company al mondo. È stata avviata nel 1994 a Seattle da Jeff Bezose, nello Stato di Washington, e inizialmente era poco più di una libreria online. Oggi è diventato il più grande rivenditore di e-commerce online e uno dei marchi più potenti al mondo. Chi non ha mai ordinato almeno una volta un prodotto su Amazon? Nelle grandi metropoli, si compra ormai quasi solamente online e la maggior parte delle persone è abbonata al servizio “Prime”, grazie al quale è possibile ridurre i tempi di consegna.

È la quarta azienda più preziosa al mondo, superata solo da Alphabet, Apple e Microsoft. Per conquistare quote di mercato, ha spesso adottato un approccio basato sul margine di profitto basso e questa strategia ha funzionato in modo sorprendente, portandola, difatti, a ricoprire un ruolo dominante in molti dei mercati nei quali partecipa.

È uno dei “giganti del web” con fatturato miliardario, ma nonostante ciò, così come Google, Microsoft, Facebooke Apple, paga “solo” pochi milioni di euro di tasse l’anno allo Stato italiano. Tutto ciò è possibile perché Amazon sposta i ricavi ottenuti, in filiali situate in Paesi con aliquote fiscali più contenute (ad es. Olanda e Lussemburgo).

Il 2020 sarà ricordato come un anno d’oro per Amazon e per tutto il mercato dell’e-commerce, in quanto la pandemia da Covid 19 ha, purtroppo, costretto gran parte della popolazione mondiale a trascorrere più tempo in casa, con il conseguente crollo delle vendite al dettaglio.

Infatti, lo scorso anno, Amazon ha fatto registrare 44 miliardi di euro di ricavi nella sola Europa, ma, come ha rivelato il “The Guardian”, nello stesso periodo la società non ha pagato nessuna tassa sui profitti in Lussemburgo, dove ha la sua sede europea (paradiso fiscale che permette alla società di Jeff Bezos di pagare ogni anno pochissime tasse o, addirittura, ottenere crediti d’imposta), facendo registrare una perdita di 1,2 miliardi di euro, legata, secondo l’azienda, a un forte aumento degli investimenti.

Amazon ha replicato affermando che: “L’imposta sulle società si basa sui profitti, non sui ricavi, e i nostri profitti sono rimasti bassi a seguito dei nostri ingenti investimenti e del fatto che la vendita al dettaglio è un’attività altamente competitiva e con margini ridotti”.

La fiscalità vantaggiosa di cui godono Amazon e altre aziende attraverso sedi legali in paesi come il Lussemburgo e l’Irlanda, è una questione nota da tempo e in Europa, da anni, si discute dell’introduzione di una cosiddetta “Web tax,” ovvero una tassa europea sul fatturato delle grande aziende di Internet.


Mattia Gualtieri, 4F

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