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Giovanna Finaldi

L’angolo fiabesco della Capitale

Recentemente è stata annunciata la proroga di “The Exhibit”, la mostra dedicata a Dario Argento alla Mole Antonelliana di Torino (attuale Museo Nazionale del Cinema di Torino) visitabile fino al 15 maggio 2023. Il soggetto in questione oltre ad essere il protagonista della mostra è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano. Tra i suoi cult-horror ricordiamo: “Inferno” e “L’uccello dalle piume di cristallo” girati negli anni 70 in un quartiere particolare situato a Roma nel quartiere Trieste conosciuto come Quartiere Coppedè.


Il Quartiere Coppedè ha ospitato diversi set cinematografici ed è conosciuto anche come “Quartiere delle Fate” dal nome dei villini delle Fate presenti nel complesso. Fu progettato dall’architetto fiorentino Gino Coppedè tra il 1915 e il 1927 e, a causa della sua morte, fu terminato da Paolo Emilio Andrè.

Il percorso per visitare questa bizzarra e stravagante zona inizia da Via Tagliamento dove, ,passando da Via Dora, si giunge all’ingresso ufficiale. Esso è costituto da un ampio arco riccamente decorato da cui pende un enorme lampadario in ferro battuto.

L’arco arricchisce la pianta che riprende l’urbanistica romana che vede una piazza con al centro una fontana, il punto di convergenza di tutte le vie che attraversano il quartiere.

(Nella foto rispettivamente Piazza Mincio e Fontana delle Rane)


La cosiddetta piazza in questione è Piazza Mincio che presenta al suo centro la Fontana delle Rane, risalente al 1924 e così chiamata perché popolata da 12 rane.

Appena si mette piede all’ingresso della Piazza Mincio, salta all’occhio il mosaico rotondo sul pavimento raffigurante tre fanciulle suonatrici (lira, voce e chitarrino) in abiti romani. Esse raffigurano le metafore dei tre villini precedentemente citati. Ad attestarlo è la scritta: “I villini delle fate, Neme, Melete, Aede” ancora oggi presente.


I palazzi più tipici appartenenti alla piazza sono La Palazzina del Ragno, così chiamata per un ragno dorato in finto mosaico a stucco graffito posto sul palazzo stesso. Essa presenta anche due iscrizioni; la scritta LABOR ("lavoro") accompagnata da un mosaico nero e oro e una seconda iscrizione che cita ARTIS PRAECEPTA RECENTIS MAIORUM EXEMPLA OSTENDO (“Dimostro moderne conoscenze artistiche sulla base di esempi classici”).

Entrambe indicano l'intento dell’artista nella realizzazione del progetto. Con la prima egli vuole indicare la produttività ponendo appunto la parola lavoro che in un senso più ampio assume anche il significato di sforzo, operosità, fatica ed impresa. Con la seconda, mostra la sua conoscenza dell’antico che cerca di stravolgere e modernizzare. Con il suo grande esperimento artistico riuscì armoniosamente a fondere lo stile Liberty, Art Decò, Gotico e Medievale ritrovandosi in uno stile che possiamo definire come stile eclettico.

In architettura, l'eclettismo definisce lo stile nato dalla mescolanza dei migliori stilemi ripresi da diversi movimenti architettonici, storici e anche esotici.

Proseguendo per il nostro itinerario, troviamo i già preannunciati Villini delle Fate: tre palazzine del 1924 con archi e fregi medievali, totalmente asimmetriche e costituite da diversi materiali tra cui marmo, mattoni, terracotta, vetro…


Le tre facciate principali rendono omaggio a tre diverse città italiane:

  1. Firenze (con la scritta Fiorenza bella e le immagini di Dante e Petrarca),

  2. Roma (con Romolo e Remo sotto alla Lupa)

  3. Venezia (con l’inconfondibile leone di San Marco).

A questo proposito ricordiamo che l’eclettico architetto era originario di Firenze e che nell’arco della sua vita lavorò tra varie città come Genova, Messina, Napoli ma soprattutto Roma.

Coppedè fu incaricato di realizzare questo progetto per un uso edilizio privato destinato al ceto borghese e ancora oggi la maggior parte degli eclettici villini è ad uso privato. L’edificazione del quartiere fu fatta su commissione della Società Anonima Edilizia Moderna. Considerando il periodo di costruzione, esso è totalmente in contrasto con il proprio tempo, rispetto alle linee dritte e massicce tipiche del periodo fascista. La sua realizzazione non fu continua ma in parte frammentata per via della Prima Guerra Mondiale.

Continuando vedremo come sono presenti molti palazzi attualmente utilizzati dalle ambasciate: su Via Olona l’ambasciata della Polonia, su Via Ombrone quella della Repubblica del Congo, mentre quella della Nuova Zelanda si trova in Via Clitunno.

Si prosegue su via Brenta dove troviamo oltre all’ambasciata del Marocco, anche una scuola ovvero il Liceo Avogadro.

Un’immagine che ritroviamo nella facciata del palazzo è il mosaico con il gallo che intinge la zampa su una coppa, affiancato da tre dadi. L’animale, dai colori vivaci su un fondo oro, rappresenta il risveglio che si ottiene grazie ad un processo di iniziazione.

I dadi simboleggiano l’apprendista e la coppa, infine, l’illuminazione, la conoscenza. Simboli decisamente azzeccati se pensiamo che sono posti su un edificio scolastico.

Una curiosità interessante è che al civico 2 di Piazza Mincio, troviamo la scenografia del film Cabiria (1914), considerato il più famoso film del cinema muto italiano che venne sceneggiato anche da Gabriele D’Annunzio.

Giovanna Finaldi, VF

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