Polemiche e strumentalizzazioni
Rientro a scuola tra reali preoccupazioni e finte proteste
Il via libera, dato dal Consiglio dei Ministri al rientro in presenza al 50%, per le scuole secondarie di secondo grado, da lunedì 11 gennaio, è stato ulteriormente posticipato da molte Regioni, a seguito di opportune valutazioni sul quadro epidemiologico territoriale. La Regione Lazio, ad esempio, ha autorizzato il rientro dal 18 gennaio. In ogni caso le incognite restano tante. La curva epidemiologica preoccupa ancora e il problema dei trasporti pubblici sembra tutt’altro che risolto. Alcune Regioni hanno istituito un percorso preferenziale per sottoporre a tampone gli studenti e gli insegnanti, nel tentativo di rendere più efficiente il tracciamento e favorire l’apertura delle scuole in sicurezza. In realtà non c’è alcuna possibilità di scongiurare completamente il rischio di infettarsi perché tutte le misure serie da adottare contemporaneamente non saranno rispettate al 100% e da tutti: mascherina per tutta la durata delle lezioni, finestre perennemente aperte nelle aule, distanziamento tra gli studenti per tutto l’orario scolastico e anche oltre. Altre misure sono solo controproducenti: non occorre una laurea in psicologia per capire che lo scaglionamento degli orari di due ore, con conseguente fine della giornata scolastica alle 16 e l’impossibilità di socializzare normalmente, possa portare ad un malcontento generale, stress e ad un calo del rendimento scolastico. Il dibattito continuo sul tema “scuola” coinvolge tutte le forze politiche più per mera propaganda che per proporre soluzioni serie alle problematiche che tuttora non rendono la scuola un “luogo sicuro”, come spesso si sente dire negli ultimi tempi. Negli ultimi giorni, in particolare, i media non fanno altro che dare voce a quei pochi studenti strumentalizzati che manifestano in piazza per protestare contro la chiusura delle scuole e rivendicare il diritto allo studio, come se la volontà di studiare dipendesse soltanto dalla presenza in classe e non dalla serietà dello studente stesso. Addirittura gruppi di liceali milanesi, appoggiati dagli altrettanti strumentalizzati genitori, hanno occupato la propria scuola, non prima di aver concesso interviste ai giornalisti, opportunamente invitati e dotati di telecamera, nel tentativo di acquisire un po’ di visibilità e magari di essere selezionati come partecipanti alla prossima edizione del Grande Fratello. La verità è che i numerosi sondaggi online, con relative petizioni, proposti agli studenti, hanno evidenziato che la maggior parte di loro preferisce la didattica a distanza piuttosto che il rientro a scuola ad orari infelici, con mascherina per 6/7 ore e con il reale pericolo di infettare comunque. Una di queste petizioni online, che propone il prolungamento della DAD per scuole superiori fino alla fine dell’emergenza, è stata già firmata da oltre 182 mila persone, ed il numero aumenta ogni giorno. Invece un’altra petizione, sempre sullo stesso sito, che chiede la riapertura delle scuole superiori, è stata firmata soltanto da 466 persone. Dati molto diversi da quelli che i media ci raccontano con le loro interviste. Dovremmo riflettere anche sul fatto che l’inevitabile aumento dei contagi con la riapertura delle scuole comporterà irrimediabilmente anche l’aumento del numero delle vittime. Se i rappresentanti di alcuni partiti politici usassero meno retorica e più cervello e avessero competenze specifiche che consentissero loro di non parlare a sproposito, proporrebbero idee intelligenti per una valida riforma della scuola che tenga conto anche delle situazioni emergenziali. La ministra dell’istruzione Lucia Azzolina sostiene che gli studenti siano felici di tornare a scuola in presenza e che la didattica a distanza non funzioni più, come se in questi mesi la scuola sia rimasta ferma. Piuttosto si dovrebbe riflettere sull’utilità degli investimenti finalizzati all’acquisto di materiali che, finita la pandemia, risulteranno completamente inutili, come banchi singoli o con le rotelle e tonnellate di mascherine e gel sanificante per le mani, e che costituiscono un vero e proprio spreco di denaro pubblico. Ciò premesso, pur auspicando un ritorno veloce alla normalità, alla presenza a scuola senza mascherine e distanze, che favorisca la socialità, il rapporto diretto con i professori, l’amicizia e la solidarietà tra i ragazzi, non possiamo non sottolineare che l’utilizzo della didattica a distanza ha consentito di salvare due anni scolastici (finora) e deve rappresentare una risorsa aggiuntiva, al servizio della scuola, in caso di necessità. Ci si augura che i prossimi dibattiti politici siano incentrati sui provvedimenti da adottare per rendere la scuola sempre più moderna e innovativa, accessibile economicamente a tutti, organizzata e propositiva, sicura e piacevole. Una delle priorità di uno Stato progredito e moderno dovrebbe essere quella di investire sulla formazione delle nuove generazioni, destinando risorse per il potenziamento e l’accessibilità della didattica in presenza o a distanza, perché la scuola non rappresenta soltanto l’argomento su cui litigare, per fare audience, in alcune inguardabili trasmissioni televisive. Riccardo Tomassoli 3I
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