La vittima è una giovane mamma di 22 anni che lavorava per mantenere il suo bambino
Appena due giorni dopo la Festa dei Lavoratori, l’ennesimo incidente sul lavoro ha travolto e ucciso una giovane donna di appena 22 anni. La vittima, Luana D’Orazio, era anche mamma di un bambino di 5 anni. La tragedia è accaduta in un’azienda tessile a Montemurlo, in provincia di Prato. Luana, come ogni mattina, stava lavorando a un orditoio, ed è stata risucchiata dal rullo della macchina dove è rimasta inspiegabilmente impigliata. L'autopsia, svolta dal medico legale Luciana Sonnellini, ha stabilito che la giovane operaia è rimasta vittima di uno schiacciamento del torace provocato dagli ingranaggi che l’hanno agganciata e risucchiata. Tutti gli organi interni sono collassati in pochi istanti portandola alla morte. I compagni di lavoro non hanno avuto la possibilità di intervenire tempestivamente e quando il macchinario è stato fermato, era già troppo tardi. La procura di Prato ha aperto un'inchiesta sulla morte di Luana ed ha iscritto due persone nel registro degli indagati. Sono in corso accertamenti tecnici per valutare il funzionamento dei dispositivi di sicurezza e per accertare che il macchinario tessile in questione ne fosse effettivamente dotato. La comunità di Montemurlo si è stretta attorno alla famiglia della giovane. I genitori, straziati dal dolore, dovranno prendersi cura del nipotino ed allevarlo come se fosse figlio loro. La mamma della ragazza, Emma Marrazzo, ha raccontato quanto Luana fosse bella, buona e umile, contenta del lavoro che svolgeva, desiderosa di costruirsi un futuro. E invece, ancora una volta, un infortunio mortale sul lavoro ha spezzato una giovane vita. I rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil di Prato, stanno organizzando una forte azione di mobilitazione. Sostengono che, nonostante lo sviluppo tecnologico dei macchinari e dei sistemi di sicurezza, nelle fabbriche si continua a morire come cinquanta anni fa. Dopo l’incidente di Luana ce ne sono stati altri che hanno provocato altrettante vittime. Nei primi tre mesi di quest’anno sono arrivate all’Inail 185 denunce di infortunio mortale. E allora c’è da chiedersi se effettivamente il lavoro nobiliti l’uomo o se il famoso proverbio rappresenti una grande bugia e sia più corretto affermare che l’uomo è costretto a lavorare per sostentarsi ed avere un tetto sotto cui vivere. Non è giusto che, per avere una vita dignitosa, ci si lasci sopraffare dal lavoro e dall’incuria di chi dovrebbe garantirne la sicurezza, ed è paradossale uscire ogni mattina incrociando le dita e augurandosi di riportare a casa la pelle dopo aver trascorso una giornata in fabbrica.
Riccardo Tomassoli 3°I
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