Rischiamo davvero un conflitto?
Sono ormai diversi mesi che le notizie degli attriti fra la Russia e l’Ucraina campeggiano sulle prime pagine di molti giornali, sia italiani che internazionali. Nessuno può sapere con certezza se ed eventualmente quando scoppierà un conflitto armato, ma proprio per questo motivo è importante non dimenticare le particolari condizioni che rendono il confine russo-ucraino una delle zone più calde al mondo.
Al contrario della maggioranza dei paesi europei, l’Ucraina costituisce infatti uno stato etnicamente non omogeneo. Basti pensare che al 2001 (data dell’ultimo censimento), ben 4 regioni dell’est del paese riportavano una maggioranza di popolazione russofona, con picchi anche del 90% nella città portuale di Sebastopoli. Fu propria questa particolare condizione uno dei principali casus belli utilizzati da Putin nel 2014, anno in cui avvenne l’invasione e la successiva annessione della Crimea, penisola fondamentale per il controllo del Mar Nero. È importante infatti ricordare che in un contesto come quello delle ex repubbliche sovietiche, la convivenza fra diverse etnie non è sempre pacifica ed anzi, si tramuta spesso in conflitti di tipo prevalentemente politico. Ad esempio, la popolazione di lingua russa non vede Mosca come una minaccia, bensì come un paese benevolo al quale avvicinarsi, soprattutto in senso antieuropeo ed antiamericano. Al contrario, la popolazione ucraina teme un vicino tanto ingombrante e bellicoso e preferisce inserirsi in un contesto europeo e, se necessario, anche nordatlantico.
La geopolitica della Russia (come in passato quella dell’Unione Sovietica) ha inoltre un imperativo categorico, ovvero quello di avere intorno a sé degli stati cuscinetto, in modo che le linee della Nato non arrivino direttamente al proprio confine. Obbiettivo parzialmente fallito con l’entrata nel 2004 nel Patto Atlantico delle repubbliche baltiche: oggi Putin vuole assicurarsi non solo la presenza della Bielorussia dalla propria parte, ma anche l’esistenza di alcuni stati di cui sia garantita quantomeno la totale neutralità. Proprio per questo motivo, fra le richieste di Mosca agli Stati Uniti, troviamo la garanzia che non venga messo in atto nessun progetto per l’entrata di Kiev all’interno della Nato.
Sembra però sempre più vicina la svolta nella crisi ucraina. Il Cremlino conferma che alcune truppe hanno finito le esercitazioni e torneranno alla base, accusando gli Usa di «un’isteria esibizionista e senza senso» per la decisione di evacuare i diplomatici da Kiev (il portavoce, Dmitry Peskov, citato dalla Tass). Putin si prende gioco delle date annunciate dell’invasione e il ministro degli Esteri Lavrov precisa che il ritiro delle truppe russe «era pianificato» e «non dipende dall’isteria occidentale».
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, in una conversazione telefonica con il segretario di Stato Usa Antony Blinken, ha sottolineato la necessità di «continuare il dialogo» sulle garanzie di sicurezza senza la retorica aggressiva di Washington e ha chiesto un «approccio pragmatico».
Gli Stati Uniti hanno replicato di non avere alcuna prova del ritiro russo, ma sottolineano che «sarebbe una notizia benvenuta». Il presidente Usa Joe Biden interverrà pubblicamente sulla questione con un discorso alle 15:30, le 21:30 italiane. Lo stesso Biden e Emmanuel Macron chiedono di «verificare» l’inizio del ritiro russo alla frontiera con l’Ucraina. Fonti dell’Eliseo parlano di «segnali incoraggianti» ma, aggiungono, «serve prudenza, vista la grande massa di truppe alla frontiera, restiamo vigili».
La distensione arriva nel giorno dell’incontro fra il cancelliere tedesco Scholz e il presidente russo Vladimir Putin, per salvare la pace e propugnare una risoluzione diplomatica del conflitto. Putin ha ribadito a Scholz: «Non accetteremo mai l’allargamento della Nato fino ai nostri confini, è una minaccia che noi percepiamo chiaramente - ha detto - Le risposte dell’Alleanza sulla sicurezza finora non soddisfano le nostre richieste». Ci sono «ragionamenti» che possono essere portati avanti, ha aggiunto Putin, sottolineando che la Russia «non vuole la guerra».
La questione, però, deve essere risolta in tempi rapidi. «Dobbiamo risolvere adesso la questione, dobbiamo risolvere la questione nel corso di questi negoziati - ha detto Putin - Speriamo molto che le nostre preoccupazioni siano ascoltate dai nostri alleati e prese seriamente in considerazione», ha aggiunto, ricordando che «da 30 anni ci dicono che non ci sarà alcun allargamento della Nato e invece oggi la vediamo alla nostra porta di casa».
Per evitare la guerra tra Russia e Ucraina, si sta cercando di attuare un accordo che preveda la ritirata da parte delle forze europee dell’est, e che si concluda con garanzie sul gas in Europa. Tra gli ideatori di tale compromesso c’è anche l’ex ambasciatore di Barack Obama, che fa presente del dislivello di forze, sia di natura economica che militare, tra la Russia e l’Ucraina. Con centomila soldati al fronte, che molto presumibilmente è solo un atto dimostrativo, mette in una condizione scomoda l’Europa; in quanto la maggior parte dei paesi europei fa uso delle risorse naturali, più importante fra tutte il gas, che rende dipendente una bella fetta d’Europa dalla Russia, e conseguentemente alle sue richieste. Tali richieste sembrano però essere quasi assurde, in quanto esse prevedono: chiudere le porte della Nato all’Ucraina e il ritiro di truppe, oltre che al ritiro di armi, sempre all’Ucraina, oltre che ai paesi che in passato fecero parte dell’URSS. La guerra però sarebbe una strada complicata e dispendiosa anche per la Russia. Di base, quindi, si ha uno scontro di interessi di un certo livello. Per questo motivo, Michael McFaul, che fu ambasciatore a Mosca, propone una Helsinki 2. Ovvero un accordo multilaterale che offra garanzie a tutti i fronti in conflitto. Questa è la stessa idea di Dmitri Trenin, analista dell’ufficio moscovita del Carnegie Endowment for Peace. Secondo lui l’obiettivo di Putin è cambiare gli equilibri dell’Europa dell’Est più che invadere l’Ucraina. Il paese, insieme a Georgia e Moldavia, deve rimanere fuori dalla Nato per allontanare i missili intermedi Usa. Se ottenesse questi risultati Putin potrebbe presentarsi alle elezioni 2024 da vincente. Una soluzione potrebbe essere la creazione di un consiglio di sicurezza europea che diventi garante di un cuscinetto di stati non allineati. Ma il piano B non è destinato per forza a prevalere: perché secondo i falchi di Washington ogni cedimento di oggi porterebbe a peggiori appetiti futuri. Ma le alternative non ci sono. Le sanzioni porterebbero al ricatto energetico. E spingerebbero la Russia tra le braccia della Cina.
Helsinki 2: Il piano B di Biden per evitare un conflitto
Un patto con Putin multilaterale che assicuri la pace
Per evitare la guerra tra Russia e Ucraina, si sta cercando di attuare un accordo che preveda la ritirata da parte delle forze europee dell’est, e che si concluda con garanzie sul gas in Europa. Tra gli ideatori di tale compromesso c’è anche l’ex ambasciatore di Barack Obama, che fa presente del dislivello di forze, sia di natura economica che militare, tra la Russia e l’Ucraina. Con centomila soldati al fronte, che molto presumibilmente è solo un atto dimostrativo, mette in una condizione scomoda l’Europa; in quanto la maggior parte dei paesi europei fa uso delle risorse naturali, più importante fra tutte il gas, che rende dipendente una bella fetta d’Europa dalla Russia, e conseguentemente alle sue richieste. Tali richieste sembrano però essere quasi assurde, in quanto esse prevedono: chiudere le porte della Nato all’Ucraina e il ritiro di truppe, oltre che al ritiro di armi, sempre all’Ucraina, oltre che ai paesi che in passato fecero parte dell’URSS. La guerra però sarebbe una strada complicata e dispendiosa anche per la Russia. Di base, quindi, si ha uno scontro di interessi di un certo livello. Per questo motivo, Michael McFaul, che fu ambasciatore a Mosca, propone una Helsinki 2. Ovvero un accordo multilaterale che offra garanzie a tutti i fronti in conflitto. Questa è la stessa idea di Dmitri Trenin, analista dell’ufficio moscovita del Carnegie Endowment for Peace. Secondo lui l’obiettivo di Putin è cambiare gli equilibri dell’Europa dell’Est più che invadere l’Ucraina. Il paese, insieme a Georgia e Moldavia, deve rimanere fuori dalla Nato per allontanare i missili intermedi Usa. Se ottenesse questi risultati Putin potrebbe presentarsi alle elezioni 2024 da vincente. Una soluzione potrebbe essere la creazione di un consiglio di sicurezza europea che diventi garante di un cuscinetto di stati non allineati. Ma il piano B non è destinato per forza a prevalere: perché secondo i falchi di Washington, ogni cedimento di oggi porterebbe a peggiori appetiti futuri. Ma le alternative non ci sono. Le sanzioni porterebbero al ricatto energetico. E spingerebbero la Russia tra le braccia della Cina.
Lorenzo Cionfrini, Gabriele Lacerenza, Daniele Marinucci, 5I
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