La Nike di Samotracia, realizzata in pregiato marmo di Paro, è uno dei più celebri capolavori greci di età ellenistica.
Fu realizzata per il Santuario dei Grandi Dei di Samotracia come commemorazione del buon esito di uno scontro navale e, probabilmente, faceva parte di un gruppo scultoreo più ampio: una nave, sulla cui prua era posta lei, la Vittoria. Rimase lì per diversi secoli, poi se ne persero le tracce. Fu rinvenuta nell'aprile del 1863 da Charles Champoiseau, vice console francese a Edirne, appassionato di archeologia, ridotta dal tempo e dai terremoti in centinaia di frammenti.
Ricomposta con pazienza, raffigura una giovane donna alata mentre spicca il volo dalla prua di una nave: un vento impetuoso investe la figura protesa in avanti, coperta da un leggero chitone, gonfio e fluttuante, così sottile e trasparente da conferirle un senso ineguagliato di aerea leggerezza.
Le ali imponenti, coperte da morbide piume, sono spiegate dietro la schiena. La Nike però è priva della testa e delle braccia, perdute forse per sempre. Tuttavia, la sua sagoma mutila, invece di rappresentare un difetto, ne ha favorito la notorietà. E' diventata una vera e propria icona, simbolo di una bellezza che risplende nonostante la deturpazione del tempo e della rovina.
La sua bellezza violata, si staglia in una meraviglia inarrivabile e la mancanza, la privazione, non la scalfiscono. Anzi, è proprio la mutilazione che la rende straordinaria: in lei la bellezza non corrisponde a un viso solo, a una donna sola. La sua bellezza è di tutte, di tutte quelle donne che, vessate da un destino che vorrebbe umiliarle, invece di soccombere, vincono inaspettatamente. Allora la Nike è Bebe Vio, è tutte le donne del nastro rosa, violate nel fisico dalla malattia ma che resistono e, con un foulard in testa, vanno sull'altalena con i loro bambini; la Nike è tutte le donne vestite di nero, devastate nel cuore e negli affetti, le madri e le mogli che piangono con dignità le vittime di ogni guerra e di ogni mafia; è tutte le ragazze cui viene impedito di studiare e che manifestano, a sprezzo della vita, per i loro diritti e per la libertà; è tutte le donne deturpate dalla violenza domestica o dalla violenza di strada, che la vergogna non ferma e che denunciano il carnefice con coraggio; è tutte quelle cui i matrimoni combinati vogliono togliere la possibilità di amare e scappano, perdendo anche la vita.
La Nike è tutte le donne del mondo che la violenza umilia ma non sconfigge: la loro bellezza travalica la materia, emerge dal profondo della carne lesa ed esse splendono indenni, illuminate dal tesoro prezioso che sta in ogni essere umano: lo mostrano al mondo, pietra rilucente nonostante tutto. Sono libere e meravigliose perché la deturpazione non le tocca: brillano davanti a tutti con le qualità del dentro. Così è la Nike al Louvre: domina dall'alto la scalinata che porta alle diverse sale, unica, bella da togliere il fiato: esempio di resistenza, di chi vince il male, simbolo e speranza per chi non si piega.
Francesca Cristofori 3A
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