VOTO AI SEDICENNI
L’ipotesi di abbassare l’età fa discutere
Il diritto di voto non è sempre stato garantito per tutti i cittadini e per arrivare al suffragio universale in Italia si è dovuto aspettare fino al secondo dopoguerra. Inizialmente, parliamo della seconda metà dell’Ottocento, solo gli uomini sopra i 25 anni e di buona classe sociale potevano partecipare a quello che ora è chiamato elettorato attivo; nel 1918, dopo la proposta di Giolitti, l’età minima è stata abbassata a 21 anni, e solo nel 1946 il diritto di voto è stato riconosciuto anche alle donne.
Nelle ultime settimane si è sentito molto parlare della proposta del nuovo segretario del PD, Enrico Letta, di dare il voto ai ragazzi che hanno compiuto 16 anni.
Dare importanza alle nuove generazioni è giusto, anche perché il futuro li riguarda da vicino; forse, però, è un po’ rischioso permettere a dei ragazzini di andare alle urne per esprimersi riguardo qualcosa che, nella maggior parte dei casi, non è tra le loro competenze. Sicuramente alcuni ragazzi minorenni potrebbero dimostrarsi più pronti a votare rispetto ad altri che ne hanno il diritto, ma penso sia giusto mantenere il requisito dei 18 anni: estendere il voto, o addirittura abbassare a 16 la maggiore età, rischia di nuocere alla comunità. Sembrano pochi ma a quel punto della vita, in un momento di crescita fisica e mentale, due anni fanno la differenza. Il raggiungimento della maggiore età ti libera da alcuni vincoli: può guidare la macchina, puoi acquistare alcolici, diventi perseguibile penalmente… Tutte queste azioni condizionano, in positivo o negativo che sia, la tua vita mentre la partecipazione alla vita politica è più delicata e potrebbe influenzare la sicurezza della comunità.
Sedici anni non è un’età sufficiente per essere istruiti e coscienti riguardo la politica, a meno che non si stabilisca che ”l’idoneità” per meritarsi il diritto al voto dipende da altro e non dal fattore anagrafico.
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