Solitudine in amore Cercherò in poche righe di spiegare il perché di elementi di Solitudine in qualcosa che é per sua natura non Solitudine . Il motivo é che l'amore nasce sbagliato. Platone, attraverso Fedro, nel "Convito", dice che la devozione dell'amato per l'amante ha più valore della devozione dell'amante per l'amato perché "l'amante é posseduto dal dio". Quindi l'agire del soggetto ha più valore se avviene in quanto amato piuttosto che in quanto amante, la componente folle che caratterizza l'amante é perciò l'elemento da cui discernere per una "corretta" proposizione nell'agire, solo che l'uomo agisce perché ama o perché povero, perciò, agendo in amore l'amante, l'amato sarà sempre prima amante quando entrerà nella dimensione dell'agire, pur trovandosi in relazione già da quando é amato. E ora passiamo alla solitudine: in amori governati da un Eros volgare come lo definirebbe Pausania, cioè Platone, la reciprocità non può che essere seconda all'egocentricità, consapevole o meno che sia, perché oltre le scontate argomentazioni sulla MIA risposta emotiva nel dare un pezzo di pane a un cane randagio, se io risulto la misura del mio agire, nella relazione con la misura di chi amo, noterò che una parte resta mia, indicibile. E' un elemento di Solitudine, é un elemento che può non essere capito perfino da chi lo genera, direi soprattutto! Non é un mio intento sottolineare un problema, dato che lo sarebbe nel momento in cui considereremmo le argomentazioni di sopra, un motivo per togliere valore all'agire e, conseguentemente e ingegnosamente, all'essere . Ma non mi propongo né di stabilire un valore né nel bisogno di un SENSO stagnante, perciò diciamo che per il momento la prendo com'é. E ritengo che quest'ultima posizione sia lontana dal non prendere posizione. E aggiungo che la condizione peggiore é quella di non essere ne amante ne amato , perché resti solo tu.
Daniele Porchetti, 3I
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