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Daniele Porchetti

Filosofia - Dialettica in Fichte ed Hegel


Di sotto, il compendioso corollario dei caratteri necessari alla possibilità di confronto, tra la dialettica fichtiana ed hegeliana; una volta real-idealista, un'altra idealista.

In concordia, mi auguro, con la “richiesta liceale” nella forma e nei contenuti.


Johann Gottlieb Fichte e Georg Wilhelm Friedrich Hegel

 

Oggetto e atto costituiscono il concetto:

il costrutto fichtiano è determinato nei tre momenti dialettici tali: tesi (affermazione) – teoria -; antitesi (negazione) – prassi -; sintesi – teoria e prassi-.

Tali momenti si risolvono nell’azione; a partire (non temporalmente ma bensì logicamente) dall’io demiurgico della realtà tutta, appunto in attività infinita e universale; che, necessariamente, impatta con il regno dei limiti del non-io, posto e creato dall’io puro attraverso l’immaginazione produttiva (kantianamente definita); di poi l’io finito, in altri termini, il suddetto individuo siffatto.

Il districamento di sopr’indicati momenti avviene attraverso logica e principi - secondo caratteri intendibili come squisitamente cartesiani: nella scepsi gnoseologica dell’accordo dell’oggetto con il concetto, risolti in un punto, per l’arrivo pindarico all’agognata verità.

 

1)      L’io pone sé stesso in maniera assoluta, in un’attività autocratica e infinita.

2)      L’io pone il Non-io – ovvero pone la negazione dell’autocoscienza, ora coscienza dell’oggetto del sapere [questione: finto-infinito; unità-molteplicità; attività-passività; spiritualità-materialità] -.

3)      L’io pone nell’Io, a un “Non-io divisibile” un “Io divisibile”; il noi [ove l’Io non è più infinito].

 

 Wissenshaftslehre (sintesi unificata in atto) – da Kant a Fichte-:


La forma kantiana impone l’Io-penso con l’immanente e perciò necessario accompagnamento di tutte le rappresentazioni del molteplice - da cui giungere all’unita, questa volta sintetica-; in contrapposizione con l’ormai emancipato Fichte, che, dirigendosi verso itinerari affatto discordi del “padre” dopo l’assassinio (mai compiuto) del noumeno, determina l’unità come analitica, e la molteplicità come scomposizione dell’unità archetipica, in concordia alla forma del divenire; delineando cosi un quadro arditamente deterministico -esplicitato di sotto-.


La verità determina la realtà; che determina il concetto; che determina l'azione; che determina la libertà.

  

Siffatto concatenamento di necessità, definisce l’attuazione della libertà nello e dallo svolgimento della verità; da cui il Real-idealismo Fichtiano, che attraverso la sintesi tra - dinamici e fondamentali, per la loro integralità- seyn (essere) e sollen (dover essere) -aborrita da kant- diede a Hegel quel che Zola diede alla “regressione” Verghiana attraverso l’”Assomoir”. Il tentativo, in questa coraggiosa seppur inevitabile sintesi di termini, fu di risolvere l’ontica-ontologica (per utilizzare un termine hideggeriano) opera dell’io in sé, da sé e per sé; nel sistema di riferimento, se vogliamo positivisticamente concepito, del tempo. [dal “cogito ergo sum” al “sum ergo sum”].

 

 Immanenza di necessità e libertà dell’io


Il passaggio dalla coscienza all’autocoscienza Fichtiana è aggravato dai caratteri che gli impongono la classificazione realista ed idealista, ove perciò l’essente mediante sé stesso, sa - nel momento di affermazione-; verso la sintesi riunificatrice della coscienza (che appunto riunisce e separa) sapere ed essere [il lettore sarà capace di confrontare questa rottura con quella hegeliana, esplicata di sotto].

Di qui spiegato il perché <<l’essere razionale non è cosciente del suo gire>>, in quanto <<è esso stesso il suo agire>>; imponendo così all’io di opporsi a sé all’uopo di conoscere il mondo nell’azione del Non-io, unificando tesi e antitesi, nella sintesi del siffatto uomo; ora alieno nella coscienza di sé in sé, costretto ancora, perciò, alla tesi nell’inesorabile infinità del figlio d’Eolo.


PARAGONE DEL FUOCO DELLA DIALETTICA:

Ai fini dell’analisi propostami, il trampolino di lancio per sbirciare dallo spiraglio che dà sulla dialettica hegeliana sarà proprio il sistema fichtiano; e perciò, per maggiore chiarezza, prenderemo a modello il sistema del padre mediocre di Hegel.

La triadica strutturazione hegeliana è altrettanto dinamica rispetto quella fichtiana, proprio in quanto dialettica, pur godendo di spazi di definizione e perciò (finalmente, nella storia del pensiero) libertà nella catalogazione, affatto rivoluzionari.


N.T.  Mi costringo, in questa fase della vita scolastica, alla superficialità; nelle speculazioni profonde appunto su termini troppo generici. Il docente perdonerà il giogo delle priorità.

La precisione e acutezza di dette speculazioni dipenderà direttamente dal mio grado di comprensione dell’autore in questione.


DIALETTICA HEGELIANA (breve introduzione)

Tesi - idea- [idea in sé per sé]

Antitesi -natura- [idea fuori di sé]

Sintesi -spirito- [idea che ritorna in sé]

 

Oltre al modello il lettore ha ora di fronte una scelta, ovviamente fatta già da me; rispetto la lettura con la quale apprezzare Hegel: Neorealista, Storico-filosofica, Marxista. Pur tenendo sempre in considerazione che le varie ed eventuali scelte esegetiche devono essere successive al dato, tanto filosofico quanto storico.

 

Il decorso dialettico è ora dell’idea e non più dell’io (volendo partire dai termini positivi), non per il riconoscimento dell’io come sola idea [tantomeno per lo spostamento dell’io fichtiano, immobile nella sua assolutezza], ma per la pura manifestazione fenomenica dell’assoluto [impregnato di verità]-spogliato dell’antropomorfismo- , che in Hegel garantisce tanto l’inizio, quanto la fine.

Dal sillogismo [come sintesi della tesi, della sintesi, della tesi dell’assoluto ] sino alla guerra [ come risoluzione dell’antitesi della sintesi della sintesi dell’antitesi, della sintesi dell’assoluto],delinea con maniacale metodicità il panlogico corollario delle manifestazioni fenomenologiche, appunto dell’assoluto.


Libertà: necessaria e sufficiente per il confronto in questa sede


I termini salienti si trovano però nella libertà, tanto pel confronto quanto per la comprensione di Hegel: La libertà è la risoluzione dello “spirito soggettivo”, ovvero il vaglio attraverso cui passa l’autocoscienza prima delle determinazioni sulla dimensione sociale e perciò storica, non a caso coincidente con il diritto. Nell’autocoscienza ricca del peso della politica, che porta coraggiosamente sulle spalle. [qualcuno, magari un figlio degenere, oserebbe dire che proprio nella politica sta la libertà dell’uomo, e allora agiamo per la libertà e morte a chi obietta cecità, ben inteso, filosoficamente].

In Fichte nell’io empirico [attraverso la scelta] e nell’io trascendentale [attraverso l’agire spontaneo], le libertà – che chiaramente si attirano nel sistema ma si respingono nella realtà- sono dovute e immanenti all’uomo.

In Hegel invece sta il “vero muro del NO”.


COSCIENZA E AUTOCOSCIENZA: il bimbo svezzato, solo perché ora VUOLE una carbonara (morettianamente intesa)


La nostra brevissima indagine deve ora passare per il fallimento dell’intelletto nella sua tautologia, al fine di attribuire forma allo svolgimento coscienziale e auto coscienziale.

Nell’ “Enciclopedia” Hegel si spende nella spiegazione dell’intelletto (verstand) o del suo oggetto omettendo delle tappe decisive, che verranno poi esplicate nella Fenomenologia; a partire dal solo cenno rispetto la differenza tra leggi naturale e concetto di legge, sino alla criptica menzione, appunto, della “tautologia dell’intelletto” .

L’intelletto riconduce la molteplicità fenomenica a poche e semplici leggi, esplicative della mutevolezza fenomenica; ma cariche della carenza degli stessi fenomeni, per il residuo di non-conosciuto che vi rimane, costringendo l’intelletto a disgregare queste poche leggi ad infinite leggi, nel tentativo di porle in concordia con i fenomeni, ora determinati anche nel loro contenuto. La ricerca della legge fondamentale diventa una necessità gestionale oltre che conoscitiva; l’intelletto deve fare sintesi, ovvero unità di tutte le leggi determinate.

L’inevitabile perdita, così, della componente empirica riporta alla tesi del << concetto di legge >> (begriff des gesetzes), ove diversi caratteri della legge <<tornano di nuovo all’interno come unità semplice>> come <<necessità interna alla legge>>, delineando un principio per il quale, ciò che l’intelletto non trova nelle leggi naturali, lo trova in se stesso.


L’esempio di sotto non vuole accusare il lettore di deficit sussuntivi (scarso giudizio direbbe Kant) ma bensì dimostrare il mio grado di comprensione.

-          Spiegazione con la forza di gravità [sintesi]

<<caduta e forza di un grave sono cose distinte>>; e appunto il contenuto fenomenico è il cadere stesso[tesi] , ovvero è una determinazione vuota -un concetto spogliato di empirismo- in quanto non vi è applicazione empirica (si diverta del fatto che io mi riferisca al CONCETTO di forza) della legge fondamentale, che ora deve uscire da se [antitesi].


Questo processo tautologico incontra il progresso della coscienza – nell’espressione del suo proprio, in quanto necessario, movimento- che necessita di sé stessa [e qui l’introflessione] in quanto l’io della coscienza è oggetto a sé medesimo, perciò non è oggetto, implicando che non vi è coscienza senza autocoscienza (bewibtsein ohne selb tbewubstein); poichè, quando l’io della coscienza è oggetto a se medesimo, la coscienza è <<dileguata>> dalla condizione di coscienza [come in Fichte].

Il superamento non avviene dalla prospettiva della coscienza, ma nel suo auto superamento dialettico, di rovesciamento della coscienza (umshlagt) in autocoscienza; aggirando la questione della “cattiva infinità fichtiana”, nella mancata pretesa che la coscienza si faccia oggetto di sé e perciò ribalti la sua identità cadendo nel regresso infinito delle sue posizioni.

Il movimento della coscienza in Hegel non è riflesso – lo sarà quello dell’autocoscienza- e non è identificazione dell’oggetto esterno con l’io; è <<il sapere di se stesso>> slegato dall’oggetto (ungegentandlich).

Autocoscienza, vita e spirito: <<paradigma di un non-pensato>>

Un autocoscienza senza coscienza è <<senza realtà>> -cioè alienata- poiché l’io è <<il contenuto del rapporto, nonché il rapporto medesimo>>, e l’assenza di coscienza renderebbe l’autocoscienza <<l’immota tautologia dell’io sono io>>. Qui la critica a Fichte, in quanto << poiché nell’autocoscienza la differenza non ha anche la figura dell’essere, essa non è autocoscienza>> -in Fichte, il riconoscimento tra autocoscienze e non già la sola autocoscienza ha struttura reciproca e simmetrica, invece nel riconoscimento hegeliano vi è la componente riflessiva, posta perciò nel rapporto tra autocoscienze e non nell’autocoscienza stessa, come in Fichte- , tant’è che dopo la spiegazione del passaggio Hegel parlerà solo di coscienza.

L’autocoscienza, è perciò, la verità della certezza di se stessa attraverso la reiterazione della coscienza- in altri termini , la vita consapevole di sé, con il presupposto della natura inconsapevole di sé, di cui l’autocoscienza desiderante è inconsapevole- ; è la vita stessa; il desiderio (begierde) , ovvero l’annullamento dell’oggettività rappresentata dal negativo; nella scissione dell’infinità della vita in autocoscienza e vita, in cui l’oggetto del desiderio è un <<vivente>>.

 

Determinazione essenziali della vita (schema breve)

 

1)       Sostanza della vita (substanz des lebens): si realizza nella molteplicità di individui autonomi, che disputandosi la vita, ne consumano la sostanza. Il mantenimento della vita, ha quindi, il prezzo dell’autoconservazione, poiché la vita si svolge e si mantiene nella negazione di sé.

 

2)       Begriff der gattung: autocoscienza che, cosciente del proprio genere, rinvia ad una vita superiore di sé [tesi].

 

3)       Allgemeiner gattungslebel: autocoscienza cosciente di sé nello spirito (geist), nella dimensione politica dell’essenza comune agli individui (gemeinsemes wesen) - ove perciò l’indipendente è un assassino- e l’autocoscienza – come enunciato di sopra-  è quella forma superiore di vita che si realizza nella struttura di autonegazione della vita, ora però, con la consapevolezza di appartenere a un genere universale, non rapportandosi ad esso come solo desiderio [sulla linea kantiana].

 

Nella sintesi della vita in autocoscienza e vita, ovvero nel processo di realizzazione dell’intersoggettività dello spirito - << un’autocoscienza per un’autocoscienza>>- , l’autocoscienza incontra, sia il vivente singolo (einzelnes) che il genere universale  (gattungsallgemeins) nell’IO=IO - <<L’io che è noi e il noi che è io>>- l’aufgehoben (superamento) dell’opposizione tra coscienza e autocoscienza; e proprio le forme deficitarie (defszitarez) di questo superamento impongono la questione dell’anerkanntes (riconoscimento), che Hegel svilupperà con la dialettica servo-padrone.

Al fine di togliere il velo di maya dal problema del cine vereinnahunung ( incorporazione dell’altro), da parte dell’autocoscienza che esce fuori di sé (andersein), perdendo se stessa nell’incorporazione, necessaria alla relazione, che la costringe a superare l’altra essenza autonoma attraverso il distanziamento dalla stessa, oppure a togliere se stessa in quanto l’altro è se stessa.

 


LA CIVETTA E LA TALPA

 

In “lineamenti della filosofia del diritto” (1820) Hegel cita “Die eule der Minerva” per la prima volta; la nottola di Minerva che vola sul far del crepuscolo, ci indica innanzi tutto il nostro dovere di leggerne poesia, e di poi l’attitudine contemplativa con la quale la tardiva coscienza vede il mondo, prima di agire. Contrapposta alla talpa dello spirito hegeliana, ovvero la storia che agisce cecamente, ma che <<sa dove andare a parare>>, per citare Marco Moretti; concetto già maneggiato da Kant e attribuito da Marx ad Hegel, - da Shakespear Cfr Hamlet, atti I, scena 5: “ well said, old mole! Canst work i’ th’ earth so fast?” – per l’uso che ne ha fatto nella spiegazione del febbrile lavorio proletario in terra di teleologia ignota ai lavoranti.

In Hegel la filosofia è <<il proprio tempo appresso col pensiero>>, aprendo” l’interrogativo dell’isomorfismo tra struttura sistematica e mutamenti storici “ -Bodei “La civetta e la Talpa” (1975)-, ovvero il pensiero che, sul piano storico, sottrae forza al positivo, nello svolgimento della libertà soggettiva, facendo tremare le gambe alle più alte costruzioni statali.

La filosofia però attribuisce senso alle successioni storiche, ovvero al reale della storia viene imbrigliato il razionale dello spirito oggettivo; tant’è che la libertà del grande uomo della storia, coincide con la necessità di realizzare lo spirito assoluto; in contrapposizione con il materialismo storico di Marx, che viaggia sulla scia della filosofia antropologica di Feuerbach [il quale, curiosamente, ha perso l'individuo per la sua dim


Hegel individua quattro fasi salienti :


1)       Mondo orientale (teocrazia)

2)       Mondo greco (unità finito-infinito)

3)       Mondo romano (frantumazione della vita etica)

4)       Mondo germanico (unità tra natura divina e umana)

 

Il cui compimento (delle storia universale perciò) avviene nella stori recente [Rivoluzione francese, Reform Bill, Germania nella possibilità di liberarsi dal giogo dell’esercito francese].

In due parole, una soluzione teodicea; poiché questo materiale infinito, che gode quindi di infiniti rapporti, non è oggetto di filosofia, che si limita, nelle speculazioni storiche, al razionale in sé, e nello specifico dello stato, al suo riconoscimento come universo etico.

[“nell’apparenza del temporaneo, e del trascendentale, la sostanza che è immanente e l’eterno che è attuale].

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P.S.  Vedo nella teoretica la bellezza della poesia; condividono il finalismo finanche il teleologismo,

la lotta per afferrare la verità vera (allitterata e tautologica), delle cose.

 

Tempo di lavoro: 15 ore circa

Fonti: Tesionline.it; ghothicNetwork.org; Filosofico.net ; studenti.it; Tomasdeaquino.org ; università degli studi di Bari Aldo Moro (sito ufficiale); vari, per quantità di materiale effimera.

 

DANIELE PORCHETTI, 5I

 

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