La tavola periodica è uno strumento fondamentale nella scienza moderna. Ma cosa rappresenta esattamente? A cosa serve?
La prima tavola periodica
Nel 1869, il chimico russo Dimitri Mendeleev propose la prima tavola periodica moderna degli elementi, organizzando i 60 elementi allora conosciuti in ordine crescente di massa atomica e suddividendoli in gruppi in base alle loro proprietà simili. Mendeleev osservò che alcune proprietà si ripetevano a intervalli regolari, definendo così i gruppi di elementi. Questa versione conteneva spazi vuoti, destinati agli elementi ancora non scoperti.
L’importanza della tavola risiede nella capacità di organizzare gli elementi chimici in modo logico, permettendo di prevedere le loro proprietà, comprendere le reazioni chimiche e guidare la scoperta di nuovi elementi. La tavola periodica è cruciale per la ricerca scientifica e per l’innovazione in campi come la medicina, l’ingegneria e la tecnologia.
Piccola curiosità: il chimico tedesco Lothar Meyer stava competendo con Mendeleev per pubblicare la prima tavola periodica. Tuttavia, il lavoro di Mendeleev è stato riconosciuto come superiore per accuratezza e dettaglio, facendone il vero inventore.

La moderna tavola periodica
Oggi la tavola periodica organizza gli elementi in base ai loro numeri atomici, cioè il numero di protoni nel nucleo, ed è suddivisa in 7 periodi (orizzontali) e 18 gruppi (verticali). Secondo lo standard dell’Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC), comprende gli elementi fino al numero atomico 118.
Il 30 dicembre 2015, l’IUPAC annunciò la scoperta di quattro nuovi elementi (113, 115, 117 e 118), completando così il settimo periodo della tavola periodica.
Curiosità: Glenn T. Seaborg (1912–1999) è noto per il suo contributo alla tavola periodica, in particolare per aver sviluppato nel 1944 il “concetto degli attinidi”. Questo ha permesso di collocare correttamente gli elementi transuranici. Tra il 1944 e il 1958, Seaborg identificò otto elementi transuranici, tra cui americio e curio. L’elemento seaborgio fu poi nominato in suo onore.
Una rivoluzione in arrivo?
La moderna tavola periodica comprende 118 elementi conosciuti. L’ultimo elemento, l’oganesson (denominato in onore del chimico russo Yuri Oganessian), è l’elemento più pesante scoperto, costituito da 294 particelle subatomiche (118 protoni e 176 neutroni).
Tuttavia, i ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory ipotizzano l’esistenza di elementi ancora più pesanti. Tra questi, il 119 (ununennium) e il 120 (unbinilio). L’ununennium, che non è ancora stato sintetizzato, si pensa che appartenga al gruppo dei metalli alcalini e possa avere proprietà simili a litio, sodio, potassio, rubidio, cesio e francio. Tuttavia, effetti relativistici potrebbero far sì che alcune proprietà differiscono dalle aspettative. L’elemento 120 è ancora più particolare: la sua massa atomica lo collocherebbe al di fuori dei 7 gruppi attuali, creando un ipotetico ottavo gruppo e rivoluzionando l’intera tavola periodica.
Il lungo processo di scoperta
La sintesi degli elementi superpesanti è incredibilmente complessa e lunga. Ad esempio, per creare due atomi di livermorio, sono stati necessari oltre 22 giorni di bombardamento continuo nel ciclotrone del Berkeley Lab. Secondo il ricercatore Reiner Krucken, la sintesi degli elementi 119 e 120 potrebbe richiedere più di dieci volte il tempo. Il ciclotrone da 88 pollici del Berkeley Lab lavora incessantemente, sparando ioni di titanio contro isotopi di californio. Questa tecnica, simile a colpire un bersaglio microscopico in movimento, rappresenta una delle maggiori sfide della scienza moderna.
Il ciclotrone del Berkeley Lab: la nuova frontiera della scienza
Il ciclotrone da 88 pollici del Lawrence Berkeley National Laboratory accelera ioni di titanio contro isotopi di californio, cercando di creare nuovi elementi come il 120. Questa impresa, simile a colpire un minuscolo bersaglio in movimento, rappresenta una sfida enorme per la scienza e spinge al limite le tecnologie attuali.
Il ciclotrone genera le enormi energie necessarie per la sintesi di elementi superpesanti, che tendono a decomporsi rapidamente. Tuttavia, i ricercatori ipotizzano l’esistenza di un’“isola di stabilità”, dove tali elementi potrebbero essere più duraturi.
Nonostante la complessità e i lunghi tempi richiesti, ogni tentativo si avvicina al successo, aprendo nuove prospettive per la scienza nucleare e la comprensione della materia. Come afferma Reiner Krucken: “Non è facile, ma ora sembra possibile.”

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