Nel corso dei millenni la nostra alimentazione e la nostra concezione di vedere cibo è cambiata profondamente per via di diversi fattori, di tipo naturale e incontrollabili (almeno per l’epoca) come il clima, le carestie, le epidemie e di tipo antropico come le tratte commerciali, la globalizzazione e anche per tendenza e moda. Il nostro organismo è in grado di sostenere la dieta onnivora, perciò (a differenza del carnivoro e dell'erbivoro) in grado di digerire alimenti di origine sia animale sia vegetale, tuttavia gli studi indicano che i proto-ominini avevano carbonio di derivazione C3 più o meno come lo Scimpanzè, infatti si nutrivano dello stesso cibo quindi probabilmente la nostra dieta era prevalentemente vegana, con frutta, germogli, bruchi e piccoli animali che si nutrivano di questi alimenti. Pian piano col tempo la nostra alimentazione si è ampliata ed evoluta, di conseguenza abbiamo iniziato a mangiare cibi più complessi come la carne e il pesce (come l’uomo di Neanderthal); alcuni studi dimostrano che questo cambiamento di alimentazione ha favorito lo sviluppo del nostro cervello.
Nell'antichità per la maggior parte delle persone, il cibo era visto come un qualcosa di sacro e estremamente importante, evitando il più possibile di sprecarlo o lasciare che venga buttato inutilmente; perciò possiamo dire che da parte della popolazione c’era più rispetto per questo bene inestimabile. Oggi grazie al tenore di vita più alto, agli allevamenti intensivi di animali e alle vaste piantagioni sparse sul globo siamo arrivati ad un punto dove gran parte degli abitanti del pianeta terra non ha problemi con la carenza di cibo, anzi possiamo assistere ad una vera e propria sovrapproduzione di beni alimentari (per il nord del mondo). Questa sovrapproduzione è dovuta al consumismo e deve essere considerata un problema poiché siamo passati dal considerare il cibo (proveniente sia da vegetali che animali) un bene primario che va trattato con rispetto e guadagnato con fatica e lavoro ad una sorta di oggetto che viene sprecato per via della sua abbondanza e del suo costo ridotto. Ciò che non vediamo è la qualità di questi alimenti che vengono prodotti in massa e che molti animali sono sfruttati da questa industria (dove l’imperativo è “VENDERE E GUADAGNARE”), che per produrre e guadagnare richiede sempre più animali da macello e risorse.
A mio avviso utilizziamo i social network in modo errato perché non ci rendiamo conto di che tipo di strumento e arma abbiamo letteralmente a portata di mano. I social sono sia uno luogo di svago e divertimento ma devono fungere anche da strumento che serve a sensibilizzare il maggior numero di persone su problemi attuali che vengono spesso sminuiti o ignorati, come appunto la questione sulla provenienza del cibo, la sua produzione e l’impatto che alcuni alimenti hanno sul nostro corpo. Fortunatamente già molte persone sono attive sui social e tramite essi diffondono e sensibilizzano gli altri utenti su questi grandissimi spazi chiusi dove vengono commesse ingiustizie sugli animali.
Federico Tolli 3I
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