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Marco Costantini

FORMULA 1: COSA RENDE UN CIRCUITO UN BUON CIRCUITO?

Negli ultimi tempi i circuiti di Formula 1 stanno diventando sempre di più un problema per i piloti ma soprattutto per le fabbriche, questo perché sempre più circuiti inadatti vengono approvati per far gareggiare le monoposto più famose del mondo.

Ecco le tre caratteristiche che rendono un circuito inadatto per la Formula 1.

 

1)  Qualità dell’asfalto

Può sembrare ovvio, ma negli ultimi GP abbiamo potuto vedere gli effetti di un asfalto poco curato (Las Vegas e Bahrain).

Tombini esposti e pronti a far saltare le macchine, cordoli troppo alti, insomma un vero pericolo non solo per l’incolumità dei piloti ma anche dei portafogli delle scuderie che si trovano a dover spendere soldi a palate per dover riparare i danni ingenti che vengono causati da una mancanza di cura dell’asfalto. 

fondo della SF-23 di Carlos Sainz dopo l'incidente di Las Vegas.


2)  Circuiti stradali

I circuiti stradali fanno parte della Formula 1 da anni e in passato non erano la causa di problemi particolarmente fastidiosi ma, adesso, le monoposto sono completamente diverse. Rispetto alle loro controparti di 5 anni fa sono più pesanti, più potenti, più sofisticate ma, soprattutto, più grandi.

Ormai le macchine fanno fatica ad entrare nelle strette piste stradali e anche a performare poiché l’asfalto (ricollegandoci al punto 1) è completamente diverso rispetto a quello di un autodromo.

Ciò significa che il leggendario GP di Monaco, per quanto amato e importantissimo per la storia dello sport, sia ormai obsoleto, ma un circuito con così tanta storia e rilevanza non sarà mai privato del suo posto nel calendario di Formula 1.

  Le due icone della Formula 1 nella stessa foto: Michael Schumacher e il Circuito di Monaco

 

3) Morfologia del circuito

La forma di un circuito è importantissima per determinarne la presenza di azione e di momenti eccitanti.

Gli elementi principali di un circuito sono due: il rettilineo e la curva. Le seconde garantiscono una maggiore azione poiché garantiscono occasioni di attacco e di strategia. Come diceva un certo Ayrton Senna “non esiste una curva dove non si può sorpassare”, purtroppo però dovremmo smentire il pluricampione brasiliano perché mentre ci sono certe curve che da sole fanno la storia per la loro alta presenza di azione (ad esempio Eau Rouge di Spa-Francorchamps,) ce ne sono altre che rendono il sorpasso praticamente impossibile: le curve estremamente strette e le curve a gomito.

Le curve strette non solo attentano alla nostra soglia dell’attenzione durante una gara ma anche ai piloti stessi che spesso si trovano a guidare contro una barriera invece che sul resto della pista.

Le curve a gomito invece richiedono una estrema decelerazione della monoposto e perciò annullano tutto il compartimento tecnico e strategico che una chicane o una curva normale offre.

Anche la presenza eccessiva di rettilinei uccide completamente il punto dello sport perché, se volessimo guardare delle macchine che vanno in linea retta a grandi velocità, ad oggi probabilmente le drag race sarebbero trasmesse in tv al posto di qualunque altro motorsport.

  esempio di una cattiva morfologia in un circuito (GP di Azerbaijan)



In conclusione va indicato il fatto che molti di questi circuiti si trovano nel calendario di Formula 1 esclusivamente per il fatto che i loro ammistratori sono disposti a pagare incredibile somme di denaro per poter mantenere il proprio paese nel picco del motorsport mentre sono presenti numerosi circuiti che raggiungono tutti gli standard ma che, per motivi economici, non vengono più inseriti nel calendario.

Marco Costantini, 3I


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