IL FILM “DELL’ORRORE” PER ECCELLENZA
Il cinema è ricco di film di culto che hanno segnato la storia del mezzo. Ogni genere ne presenta vari: ad esempio, nel genere horror troviamo un numero elevatissimo di film che sono entrati nella storia del cinema. Spesso, per fare conversazione, o dibattere, si tende a porre la domanda “qual è il miglior film di questo genere?”, ed ovviamente la risposta risulta complicata in quanto i candidati sono numerosi e di alta qualità, basti vedere film come “Alien”, “Halloween”, “Lo Squalo” ed altri. Di sicuro tra le pellicole a cui molti accreditano il titolo di miglior film horror troviamo “Psycho” del maestro Alfred Hitchcock, un’opera leggendaria che ha avuto un impatto decisamente incisivo sul cinema dell’orrore e sul cinema moderno in generale. Parlare di questo classico risulta più difficile di quanto si possa immaginare, poiché si può dibattere per ore: della sua importanza sul cinema moderno, della sua regia eccezionale, della sua trama intrigante o di molte altre tematiche. Quali potrebbero essere i motivi principali per i quali “Psycho” è ritenuto da molti il miglior film horror di sempre? Innanzitutto, c’è un dettaglio esterno all’opera di cui però è sempre molto interessante parlare, ovvero la sua campagna pubblicitaria; Hitchcock dimostrò la sua genialità attraverso varie tecniche di marketing che servivano a stimolare l’attenzione nei confronti del film. Furono appesi poster e annunci che non lasciavano scorgere nessun dettaglio della pellicola (nè gli attori, nè la trama) se non il titolo ed in molte di queste locandine veniva chiesto direttamente di non parlare del film dopo la visione; ancora più creativa fu l’idea di creare delle statue di cartapesta con le sembianze del regista, all’interno delle quali c’era un microfono da dove proveniva la voce di Hitchcock che suggeriva di andare a guardare il lungometraggio. Attraverso questa tattica pubblicitaria, il maestro del brivido riuscì a riportare in sala migliaia di persone in un'epoca in cui la televisione stava acquisendo sempre più potere rispetto al cinema. Ma occupiamoci del film partendo dalla regia: salta subito all'occhio il geniale uso della “suspense” (tecnica narrativa che consiste nella graduale e progressiva formazione di disagio e tensione nello spettatore attraverso vari elementi che vengono inseriti nella storia attraverso le inquadrature, i dialoghi e la musica) che spiega l'appellativo che viene attribuito allo stesso regista (“il maestro della suspense”) presente nelle sue altre pellicole. Tra gli esempi più eclatanti abbiamo la scena del teatro in “L’Uomo che sapeva troppo” del 1956 o nel finale di “La Donna che visse due volte” del 1958. In “Psycho” abbiamo due famosissimi esempi, per primo la scena della doccia, nella quale l’antagonista (Norman) uccide la vittima (Marion) nel motel: l'effetto della suspense inizia in modo improvviso, dal momento in cui intravediamo la silhouette dell’assassino; da questo punto parte anche la musica che, mano a mano che il personaggio si avvicina alla doccia, diventa sempre più violenta e ossessiva. L’iconicità di quest’ultima scena è senza eguali ma la scena più intensa è il finale: la sorella ed il compagno di Marion arrivano al motel alla ricerca della donna e del detective Arbogast (che era sulle tracce della signora), quando Norman arriva per accoglierli nel motel. A questo punto la coppia, ormai convinta che il proprietario sia il colpevole, escogitano un piano secondo il quale uno dei due deve distrarre Norman mentre l’altro si introduce nell’abitazione per cercare informazioni e scoprire la verità. Inizialmente, l’operazione procede con successo ma lo stesso spettatore riesce già a percepire la tensione che si sta sviluppando e che culmina nel momento in cui Norman scopre l’inganno e torna di corsa in casa; ne consegue un inseguimento che porta i personaggi nella cantina della villetta Bates. COLPO SI SCENA FINALE: la madre di Norman è morta ed è lui che la impersonifica, rivelando il suo disturbo di personalità multipla. Il finale, con l’inquadratura in primo piano sul volto del killer, è semplicemente uno dei finali migliori e più simbolici della storia della settima arte. Un'occhiata ora va data alla trama del film ed in particolar modo al suo risvolto narrativo; il film inizia mostrandoci la vita della giovane Marion. Lei lavora in banca e per catapultare se stessa e l'amante in una vita migliore, decide di rapinare il proprio capo. Compiuta la rapina, Marion sale in macchina e parte per un viaggio lunghissimo, col solo obiettivo di sfuggire dalle autorità. Dopo giorni di viaggio arriva in Texas (Marion partiva da Phoneix), dove trova un motel, decisamente isolato e gestito da un giovane molto impacciato, Norman Bates, il quale vive con la madre, una donna estremamente severa e possessiva. Da qui sappiamo tutti come procede la storia: mentre si fa una doccia, di notte, la ragazza viene uccisa da colei che presumiamo essere la madre di Norman. La genialità sta proprio in questo, nel completo cambio di narrazione. Per metà film lo spettatore segue le vicende di un personaggio, di cui ci vengono fornite tutte le informazioni (sulla sua vita ed i suoi legami), per poi ucciderlo e cambiare la direzione del racconto. Hitchcock chiama questa tecnica “McGuffin” e quando fu utilizzata in “Psycho” ebbe un grandissimo riscontro da parte di pubblico e della critica. Il film é scolpito nella memoria di ogni spettatore anche, se non soprattutto, per il suo leggendario antagonista, Norman. Questo personaggio è uno dei più famosi ed adorati del nostro immaginario collettivo per il fatto che, oltre alla magistrale interpretazione di Anthony Perkins, per la sua scrittura eccezionale. Innanzitutto, costituisce una delle primissime rappresentazioni accurate e dettagliate di un disturbo mentale in una pellicola, ma in secondo luogo Norman è anche rivoluzionario, poiché è uno dei primissimi personaggi cinematografici a non essere monocromatico, ma ricco di sfumature: scopriamo infatti che si tratta di una figura sopraffatta da debolezze e traumi e non propriamente un villano, Da questo punto di vista lo possiamo considerare come il vero protagonista dell’opera. Di elementi per fare di “Psycho” una delle più grandi pellicole di tutti i tempi credo si sia dato qualche cenno, certi che sia una visione, imprescindibile per ogni amante del horror e della settima arte.
Lorenzo Ugolino, 3O
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