La Cina ha guidato il mercato dei veicoli elettrici lo scorso anno con il 60% delle vendite totali a livello globale, La Cina infatti sta dimostrando come il mercato delle vetture “a zero emissioni” sia in via di sviluppo e rappresenti un mercato fruttuoso. Pare che la velocità impressa dal diretto competitor dell’Occidente sia talmente rapida da sorprendere molti analisti.
Secondo i dati si prevede che entro quest’anno il Dragone produrrà 13 milioni di veicoli elettrici a batteria (BEV) e veicoli elettrici ibridi plug-in (PHEV), questo rende la Cina un’altra volta il leader per quanto riguarda i colossi industriali. Inoltre, nel 2021 lo stock di veicoli elettrici in Cina era pari a circa 7,8 milioni di unità, ovvero “il triplo rispetto al 2018”. Tutto parte dai primi anni 2000, quando il Dragone comprese di rivestire un ruolo marginale nella scena industriale di auto a motore termico: in altre parole, i marchi nazionali asiatici potevano fare ben poco per battere la navigata concorrenza occidentale dei grandi colossi automobilistici, leader nelle vetture con motori tradizionali e neppure avere qualche chance nei confronti del Giappone, che stava assumendo un ruolo importante sul fronte dell’ibrido, trainato da una realtà come Toyota che ha puntato molto su questa tecnologia. Alla Cina quindi non rimase altro che tentare la carta dell’elettrico per crearsi il proprio mercato, partendo da una nicchia.
Nel giugno 2022 il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione per auto e furgoni nuovi a emissioni zero entro il 2035. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 sarebbero fissati al 55% per le auto e al 50% per i furgoni. A partire dal 2035, tutte le nuove auto in arrivo sul mercato devono essere a emissioni zero e non possono emettere CO2. In questo modo si potrà garantire che entro il 2050 il settore dei trasporti possa diventare a emissioni zero. Questa legge ha come obbiettivo lo sviluppo e la diffusione di una mobilità sostenibile, volta a incentivare l’uso dei cosiddetti carburanti alternativi presso tutti i paesi dell’Unione Europea, in modo da ridurre la grande dipendenza dal petrolio (l’Europa acquista l’84% del petrolio che consuma) e adempiere agli obiettivi imposti dal protocollo di Kyoto in ambito di riduzione delle emissioni di CO2 proveniente dal settore dei trasporti.
Sempre più startup e società esterne all’automobilismo si affacciano al mondo della mobilità elettrica cittadina delle citycar, poiché al momento è il paesaggio sul quale questo tipo di vettura si adatta al meglio, anche grazie all’incremento di una fitta rete di punti di ricarica, che sta dando una forte spinta a questo mercato già di per sè in continua evoluzione.
In questi ultimi tempi sta spopolando in Italia la citycar elettrica della nuovissima startup XEV, la XEV YOYO. La startup, fondata nel 2016 dall’imprenditore cinese Tik Lou che con la collaborazione di un gruppo di ingegneri e designer italiani, ha presentato il modello nel 2020 con effettiva entrata sul mercato nel 2021, è una realtà imprenditoriale italo cinese che presenta tecniche innovative di produzione come ad esempio
l’utilizzo di stampanti 3D. L’auto con le sue dimensione ridotte garantisce, come anche altre sue simili tra le quali troviamo Smart for two e Citroen Ami, un’autonomia di circa 100-150 Km, molto adatta all’ambiente urbano in quanto secondo alcuni studi
mediamente un’auto trascorre l’80% della sua vita ferma, e grazie ad un ampiamento della rete di ricarica questo tempo può essere utilizzato per la ricarica delle auto. Inoltre tra gli altri pregi di queste auto, troviamo le dimensioni ridotte che garantiscono estrema maneggiabilità e raggi si sterzata adatti all’ambiente confusionario e caotico della città, ma anche un’estrema facilità nel trovare parcheggio, inoltre l’assenza di un motore termico garantisce un minore inquinamento acustico, ed una guida più confortevole. Non vanno sottovalutate infine le prestazioni per chi adotta un tipo di guida più “sportivo”, poiché tra i vantaggi del motore elettrico vi è un’estrema reattività agli stimoli del guidatore.
Facendo un conto con la realtà, però, bisogna guardare all’altra faccia della medaglia: la produzione dell’elettricità. Nonostante sia un bene che gradualmente i veicoli in circolazione passino a essere sempre di più in maggior parte elettrici, bisogna anche interrogarsi sul dove si vada a prendere questa elettricità. Nel 2020 in Italia il 57,6% dell’energia elettrica totale era prodotta da fonti non rinnovabili, a fronte però di una crescita del comparto rinnovabile del 3,8% per gli impianti fotovoltaici (di seguito troviamo un'immagine della fabbrica Enel di Catania, prima in Europa per la produzione di pannelli fotovoltaici), dell’1,8% per le turbine eoliche e dello 0,7% per le centrali idroelettriche.
Il maggior produttore al mondo di energia da fonti rinnovabili è la Cina, detenendo però anche il primato per produzione di carbone che viene sfruttato per coprire circa il 62% del fabbisogno energetico nazionale, andando a coprire il restante con l'idroelettrico per il 17%, altre rinnovabili (eolico, solare, geotermico) per l'11%, il gas naturale circa per il 2,5%, e con il nucleare su valori prossimi al 4,5%. La Cina però, rispetto all’Italia, ha anche avuto una crescita della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili considerevole varando grandi piani per l’installazione di impianti fotovoltaici in aree desertiche, arrivando con i piani quinquennali 2020-2025 a più che raddoppiare la produzione elettrica da fonti rinnovabili. Questo è un chiaro indicatore del fatto che indubbiamente stiamo sulla giusta strada, ma dobbiamo accelerare in questa direzione per arrivare ai requisiti che ci siamo fissati e necessari se vogliamo davvero agire per contrastare il cambiamento climatico.
Alessandro Basanisi e Luca Bacchin 4M
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