Il biologo Marco Ferrari incontra gli studenti
Nella mattinata del 15 dicembre 2020, tutti i ragazzi delle classi quinte del Liceo Peano hanno partecipato ad una conferenza organizzata da Zanichelli riguardante il cibo e l’evoluzione umana.
I temi di questo progetto si allacciano all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Le tematiche affrontate riguardano il benessere dell’umanità e del pianeta, dalla tutela delle risorse naturali allo sviluppo urbano, dalla lotta alla fame all’eliminazione delle disuguaglianze, dall’agricoltura ai modelli di consumo. Il secondo dei diciassette obiettivi dei paesi dell’ONU che hanno aderito al programma dell’Agenda 2030 è proprio sconfiggere la fame, e il biologo Marco Ferrari, invitato quest’oggi per l’occasione, ha illustrato come si è evoluto il rapporto tra l’uomo e la sua alimentazione nel tempo, partendo addirittura dall’uomo preistorico. Quello che segue è un breve resoconto degli argomenti emersi durante il dialogo con il giornalista.
In un ipotetico albero genealogico dell’evoluzione l’Homo Sapiens, che corrisponde all’uomo moderno, non è il ramo più evoluto ma colui che si è adattato meglio a tutti i cambiamenti nel corso di milioni di anni.
Da una dieta completamente vegetale si è arrivati, con l’Homo Ergaster (il primo del genere Homo), a una rivoluzione della carne. Cibarsi di carne voleva dire cacciare e catturare animali, anche più grandi, o mangiare carcasse di alcuni di essi uccisi da altri predatori: da qui la necessità di strumenti in pietra per spezzare le carni in porzioni più piccole. Oltre alle rocce che si trovavano in natura, l’Austrolopiteco (il più antico fra i progenitori dell’uomo) usufruiva dei suoi denti molto appuntiti per disintegrare le carni che doveva mangiare; e la struttura della bocca era diversa anche perché la usavano per combattere tra di loro: fungeva da arma.
La testa stabilizzata dalla colonna vertebrale, i muscoli più robusti, le spalle larghe, le gambe più lunghe e le braccia più corte hanno permesso all’Homo Erectus di sviluppare, rispetto alle specie precedenti, una maggiore agilità nella corsa e un modo più equilibrato di camminare. Il biologo ha definito gli individui di questa famiglia come “nati per correre”: la conformazione dei piedi, più corti ed elastici, la diminuzione dei peli e l’aumento delle ghiandole sudoripare, che favoriscono la dispersione di calore, gli permetteva di stare sotto sforzo più a lungo.
Grazie alla scoperta del fuoco, l’apparato digerente e il cervello hanno cambiato la loro forma e grandezza: la carne cotta è più facile da masticare e consente di assimilare calorie e proteine con meno difficoltà, quindi l’energia è stata diretta maggiormente allo sviluppo della scatola cranica, e l’intestino è più piccolo anche perché la digestione della carne risulta più facile di quella delle erbe e i vegetali.
Nel corso della mattinata si è riflettuto riguardo la coevoluzione. Molte specie si sono adattate a seconda delle necessità dell’uomo che le ha addomesticate e l’uomo, a sua volta, si è evoluto in contemporanea. 7500 anni fa, per esempio, alla vacca è stato “insegnato” a produrre il latte, da allora fonte liquida importantissima, e l’organismo umano ha incrementato la sintesi della lattasi (enzima che digerisce il latte).
Anche lo sviluppo dell’agricoltura ha modificato la struttura dell’uomo e consentito l’espansione della specie; le piante coltivate sono più ricche di materiale edibile, hanno pochi semi o ne sono completamente prive, e sono più sviluppate in grandezza.
Le domande degli studenti hanno portato, il biologo a rivelare che il regime alimentare è una questione sociale. Poiché le risorse sono limitate e si stima che la popolazione raggiunga 10 miliardi di abitanti nel 2050, anche le società occidentali si dovranno adattare e cambiare le proprie abitudini, cercando di diminuire il già elevato consumo di carne che, secondo stime prodotte dalla FAO, aumenterà del 76% nei prossimi 20 anni. La dieta entomofaga (dal greco entomos: insetto), per esempio, non è diffusa in molti paesi del mondo perché molte persone provano disgusto solo al pensiero di dover ingerire un insetto, anche se questi organismi hanno lo stesso valore proteico di altri prodotti che mangiamo abitualmente.
La conferenza, organizzata da remoto, ha contribuito ad ampliare le conoscenze degli studenti ma, soprattutto, a far riflettere sulle scelte future, in un’ottica di cittadinanza attiva e responsabile.
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